È tempo di ospitare una nuova mostra all’interno della galleria virtuale di Spècola e di dar spazio ad un altro artista. Questa è la volta di Manuel Picozzi che ci presenta una serie di lavori rispondente al titolo di Julide. In realtà si tratta di qualcosa di più di una serie; si potrebbe dire infatti che sotto lo stesso titolo – Julide – sono comprese almeno due diverse declinazioni seriali che traggono origine dallo stesso concetto. Farebbe al caso, a questo punto, approfondire quanto appena detto attraverso le parole del suo stesso autore, che lasciamo qui di seguito.
Julide
JULIDE 6, 2020-2021
Video muto, bianco e nero, HD, 04’21’’
JULIDE 10, 2020-2021
Video muto, bianco e nero, HD, 05’26’’
JULIDE 13, 2020-2021
Video muto, bianco e nero, HD, 04’05’’
Julide nasce come omaggio al regno degli insetti, in quanto la loro presenza è sempre stata una costante nella mia vita fin da bambino, quando mi divertivo a collezionare modellini scientifici che li raffiguravano, e a cercarli in campagna mentre aiutavo mio nonno apicoltore con le sue api.
Questa serie di lavori rappresenta la mia volontà di relegare all’insetto la buona riuscita dell’opera, affidandogli tutto il peso della composizione pittorica, che qui sembra autogenerarsi, dando libero sfogo alla creatività minimale di un umile insetto, attraverso l’indagine di una possibile, quanto plausibile, presenza di coscienza nella mente animale.
Il Julide, che dà il titolo alla serie, altro non è che un millepiedi infestante dal nome tipicamente romantico, molto comune nel territorio asiatico ed europeo.
Il processo realizzativo delle opere consiste nello sporcare l’insetto con del colore nero, completamente atossico per garantirne l’incolumità, per poi lasciarlo muovere in totale libertà su di un foglio di carta bianca, senza alcun tipo di vincolo o condizionamento.
In questo modo l’animale traccia un disegno, una scia che si autogenera dal suo atto di camminare, che dà visibilità all’invisibile, concretezza all’effimero. Il percorso che ne nasce è ora segnato sul foglio grazie al colore, rendendo ben identificabile un primitivo segno che, altrimenti, si sarebbe perso nel nulla.
L’insetto non sa di essere diventato artista, è inconsapevole della sua scrittura. Ciò che rende straordinariamente autentici questi animaleschi ideogrammi è la loro intrinseca spontaneità, la capacità dell’animale di disegnare senza alcun tipo di costrizione datasi a priori, generando dei segni dalla squisita eleganza formale.
Julide ci appare quindi come una superficie organizzata per lo scambio interspecie, in cui umani e non umani collaborano al di fuori delle strutture normative della pittura figurativa, rifugiandosi dal naturalismo scientifico e dell’esibizione zoologica.
In Julide, il gesto creatore non è più quello dell’autore, che dal canto suo ha organizzato le condizioni ideali affiche l’opera potesse essere realizzata, ma il serpentare dei millepiedi che registrano i loro movimenti con uno scarabocchio tracciato dalla tempera, che rimanda alla carta copiativa.
L’insetto ci si presenta infatti come un vero e proprio performer, animando una serie di video che testimoniano la sua scrittura corporea, e che lo immortalano mentre realizza queste pitture rupestri contemporanee per volere dell’artista, creando così un collegamento con la tradizione di astrazione gestuale, spesso associata all’arte primitivista.
Il lavoro si sviluppa dunque come combinazione di elementi pittorici ad un’azione performativa, in modo da affrontare direttamente le problematiche questioni dell’azione e dell’intelligenza animale. Ciò che rende davvero degni di nota questi disegni è la loro natura al limite del coscienzioso, suggerita dalla varietà dei segni tracciati dai millepiedi. Infatti, su svariati tentativi, non vi sono mai stati due percorsi uguali, non c’è mai stata nessuna ripetizione d’intenti, testimoniando in qualche modo una sorta di volontà del Julide, che camminando ha generato un proprio alfabeto creativo, reso possibile dal colore nel quale è stato intinto.
Ed ecco che Julide si manifesta come un’aura sovversiva alla tradizione, dove l’atto inventivo è lasciato nelle zampe di un insetto, in cui si esercita il culto della bellezza come apparizione.
L’autorialità di Julide, condivisa tra umano ed animale, nonostante possa sembrare escludermi dalla buona riuscita dell’opera, in realtà rafforza il valore concettuale della provocazione messa in atto, sottolineando l’importanza stessa dell’artista, senza il quale questa controllata casualità non sarebbe mai stata osservata, perdendosi nella sua invisibile inconsistenza.