Cianografie (4-6) – Simone Compagno

Si definisce cianografia (o cianotipia) il prodotto derivante da un procedimento grafico, ormai superato, destinato alla riproduzione di un’immagine. Tale procedimento era usato soprattutto in ambito tecnico (nei cantieri, nelle officine) per duplicare il disegno originale di un progetto.

I tre disegni qui esposti sono delle astrazioni di progetti architettonici; ognuno di loro è nato rispettando rigide regole compositive da me stesso imposte. A definire queste immagini vi è un duplice segno: quello bianco, un segno netto e spesso, chiamato a dividere in quadranti l’intera superficie del disegno (anche nelle cianografie vere e proprie il segno è bianco); e quello della matita colorata, ripetuto sequenzialmente su delle righe (quasi come fosse una forma di scrittura, una grafia) che cambiano orientamento a seconda del quadrante nel quale si trovano.

A livello cromatico, seppure i toni del blu sono in prevalenza, ho lasciato spazio anche ad altre gradazioni: ciò non avverrebbe in una cianografia canonica (si avrebbe infatti la sola presenza del colore blu, combinata al bianco del segno), eppure, ciò che provoca la presenza di questo colore caratteristico è un composto chimico ottenuto dalla miscelazione di ferricianuro di potassio, che è di colore rosso, e di ferro di ammonio citrato, che ha un colore verde; quindi, se pensiamo che il verde viene dalla combinazione di giallo e blu, notiamo come lo spettro cromatico di una cianografia possa interessare tutti e tre i colori primari, e, di conseguenza, anche tutta la gamma cromatica derivante dal loro miscuglio.