Ho scoperto questo museo facendo una passeggiata pomeridiana nel cuore della città di Cassino, individuando le meraviglie che si nascondono al suo interno.
Un museo che ospita periodicamente mostre di opere di significative personalità artistiche, anche se è poco noto dagli stessi abitanti del posto.
Il CAMUSAC è una nuova struttura dedicata all’arte contemporanea, aperto al pubblico dal 12 ottobre 2013 e situato ai piedi del colle dove sorge l’Abbazia di Montecassino.
Collocato negli ex-edifici industriali della Longo Spa, accoglie la raccolta permanente della Fondazione CAMUSAC, formata attraverso un lungo lavoro di ricerca iniziato nei primi anni Novanta dal critico d’arte Bruno Corà e dal collezionista Sergio Longo.
All’inizio, il primo nucleo di sculture, istallazioni e opere ambientali, era posto all’esterno, nel parco, e riguardava il tema ‘Ciò che dopo la rovina prende forma’.
Il catalogo si è via via accresciuto arrivando a comprendere oltre duecento opere che coprono vari movimenti del secondo Novecento (Minimalismo, Op Art, Arte Concettuale, Land Art, Espressionismo Astratto, Arte Povera, Transavanguardia, Gruppo di San Lorenzo) con un interessante nucleo dedicato alla fotografia e agli artisti delle ultime generazioni.
Lo spazio esterno ospita opere ambientali e installazioni monumentali distribuite tra il piazzale e un giardino privato.
Passeggiando nel piazzale ho notato un’opera molto particolare, una scultura in ferro di Michele Ciribifera, intitolata Onda Anomala che ha sicuramente, a primo impatto, un effetto quasi surreale.
Un’onda che travolge e ci fa aprire gli occhi: è insolito osservare un’onda fermarsi ancora prima di infrangersi, e soprattutto vedere un’onda che si genera esattamente all’opposto di come siamo abituati a vedere. Finzione o realtà?
Entrando in questo giardino, attraverso una rampa di ingresso in ferro, ho notato fin da subito un’opera di Pedro Cabrita Reis, intitolata Una scala e anche un albero (2001), realizzata in lamiera di ferro e vernice; Il suo lavoro rientra nella nuova scultura europea, tendenza che si affermò verso la metà degli anni ’80 in contrapposizione alla corrente americana.
Osservandola attentamente mi ha fatto pensare a quelle case sugli alberi nei boschi che tutti, quando eravamo bambini, ne avremmo voluta una, dove si può godere di una magnifica vista, anche se, in questo caso, abbiamo una piccola scala sospesa che poggia su un albero e ci fa volare con la fantasia, immaginando che là sopra ci sia quello che vogliamo.
L’idea è forse quella di un luogo, irraggiungibile e immerso nella natura, ideale per gli innamorati, e per chiunque cerchi un posto in cui rilassarsi.
Esaminandola ancora più nel dettaglio mi ha rievocato quei mattoncini tipici dell’età infantile, che permettono di costruire animali e molto altro ancora allenando la mente dei bambini.
Esplorando questo percorso all’esterno ho notato altre sculture molto interessanti, fra queste ce n’è una di Alex Pinna, un artista italiano che con le sue sculture ricorda molto quelle di Giacometti.
In questo caso, la scultura in bronzo intitolata 2Con rappresenta due figure molto esili, e dai lunghi arti che si proiettano nello spazio circostante, non invadendolo.
Vuole sicuramente raccontarci la tensione ma anche l’equilibrio di questo legame, queste due figure che si tengono per mano, l’una che sorreggere l’altra, proprio come moglie e marito, anche se l’impressione è quella che uno dei due stia fuggendo e che l’altro gli rimanga ancorato.
Un’altra opera che ha rapito la mia attenzione si trova all’interno del capannone industriale, una scultura in acciaio del famosissimo Antony Gormley, un artista che esplora lo spazio in cui abitiamo, ovvero il nostro corpo.
Quest’opera intitolata Capacitor si trova in una stanza dell’ex capannone, è immobile e piegata e con le braccia verso il basso.
Osservandola, sembra un uomo trafitto in ogni parte del corpo da una serie di frecce.
Io ovviamente ho dato la mia chiave di lettura: rappresenta forse quella corazza che tendiamo ad indossare e che ci protegge emotivamente, dato che, a volte, abbiamo così tanta paura di mostrare chi siamo che finiamo per indossare una spessa armatura per proteggerci ed evitare la sofferenza.
Inizialmente, quando ho visto il museo con questo enorme parcheggio un po’ trascurato ho pensato che forse non ne sarebbe valsa la pena, invece poi mi sono dovuta ricredere.
La parte esterna piena di opere ambientali domina sulla parte interna, grazie a questo percorso che si estende in mezzo alla natura, e ricorda un labirinto carico di simboli da recepire.
Ho scelto di visitare proprio questo museo perché non si trova molto lontano dal mio paese, e ho avuto la possibilità di visitarlo gratuitamente.
Ho preferito avvicinarmi a un museo di arte contemporanea proprio perché molte persone fanno fatica ad apprezzare questo tipo di arte. Infatti, una delle maggiori sfide per i musei come il CAMUSAC è proprio quella di attirare quella parte di pubblico che ancora sostiene che l’arte contemporanea non si possa amare a causa della sua incomprensibilità.
È di sicuro un’arte meno immediata rispetto a un’arte più antica ma resta comunque un ottimo mezzo, in grado di raccontare delle storie incredibili.
Un’indicazione che posso dare è che per apprezzarla bisogna avere la pazienza di conoscere meglio la vita di un artista, il suo percorso, e, in molti casi, non avere la pretesa che necessariamente un’opera debba per forza trasmettere un messaggio o un insegnamento.
È proprio questo il motivo che la rende enigmatica.
Il CAMUSAC è stato per me una piacevole scoperta, lo consiglio a tutte quelle persone che vogliono fare un viaggio nell’arte..
Denise Scascitelli Benedetti